Alcool e problemi correlati

I più recenti dati rilevati sui consumi alcolici e i modelli di consumo del nostro Paese consolidano la percezione di un avvenuto passaggio dal tradizionale modello mediterraneo, con consumi quotidiani e moderati, incentrati prevalentemente sul vino, a un modello più articolato, che risente sempre più dell’influsso culturale dei Paesi del Nord Europa, pur restando ancora legato, soprattutto fra i soggetti più anziani, alle tradizionali bevande alcoliche e abitudini di consumo.


Il decennio 2000-2010 ha visto in particolare la crescita fra i giovani e i giovani adulti dell’abitudine al consumo, oltre che di vino e birra, anche di superalcolici, aperitivi e amari, che implicano spesso consumi lontano dai pasti e con frequenza occasionale. L’ aumento dei consumi fuori pasto è stato rilevante nel decennio sia fra gli uomini che tra le donne, che hanno registrato un aumento quasi pari a quello degli uomini; il consumo fuori pasto si è particolarmente radicato tra i più giovani e i giovanissimi: nella fascia di età 18-24 anni i consumatori fuori pasto sono passati dal 33,7% al 41,9% e tra i giovanissimi di 14-17 anni dal 14,5% al 16,9%. Tra le ragazze di quest’età nell’ultimo quindicennio la quota di consumatrici fuori pasto si è quasi triplicata.

Anche il binge drinking, modalità di bere di importazione nordeuropea che implica il consumo di numerose unità alcoliche in un breve arco di tempo, si è ormai diffuso stabilmente a partire dal 2003, registrando un costante aumento in entrambi i sessi, e nel 2010 ha riguardato il 13,4% degli uomini e il 3,5% delle donne.

Queste nuove abitudini di consumo sono fenomeni indubbiamente preoccupanti, in quanto comportano l’esposizione della popolazione a nuovi rischi alcolcorrelati, legati ad una assunzione di alcol episodica, lontana dai pasti, spesso in quantità eccessive, che si aggiungono a quelli legati al consumo tradizionale, quotidiano e protratto nel tempo, ancora persistente nel nostro Paese e che può essere dannoso quando non si accompagna alla necessaria, rigorosa moderazione.
I nuovi rischi derivanti dalle nuove modalità di bere mettono a repentaglio più facilmente, oltre alla salute del singolo bevitore, anche la sicurezza sociale, quando il consumo di alcol avviene in contesti e situazioni particolari quali la guida o lo svolgimento di attività lavorative.

Anche se l’Italia continua ad occupare un posto tra i più bassi nella graduatoria europea per consumo annuo pro capite di alcol puro ed è uno dei Paesi dell’Unione Europea con un maggior numero di astemi, la rilevante trasformazione avvenuta nei modelli di consumo attenua la positività di tali dati dando luogo a problemi che richiedono un attento monitoraggio e l’adozione di adeguate misure di contrasto.

Complessivamente, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il 25,4% degli uomini ed il 7,3% delle donne di età superiore a 11 anni, circa 8.600.000 persone, consumano alcolici senza rispettare le indicazioni di consumo delle agenzie di sanità pubblica, esponendosi a rischi alcolcorrelati. Tale quadro appare ancora più preoccupante se si considera che nei consumatori di bevande alcoliche sono presenti più frequentemente che nei non consumatori comportamenti o abitudini che possono aggravare il rischio connesso all’uso di alcol quali l’uso quotidiano dell’automobile o l’abitudine al fumo.

Anche gli alcoldipendenti in trattamento nei servizi pubblici sono in costante crescita dal 1996 e nel 2009 ne sono stati rilevati 65.360.
Il tasso di mortalità per cirrosi epatica, uno dei più importanti indicatori di danno alcolcorrelato, pur essendo nel nostro Paese inferiore a quello medio europeo, è tuttavia superiore a quello di altri Paesi dell’U.E. quali Olanda, Grecia, Irlanda, Spagna. Tra il 2000 e il 2009 la percentuale dei ricoveri ospedalieri per cirrosi alcolica ha registrato, in rapporto agli altri ricoveri per cause totalmente alcolcorrelate, una crescita di quasi 10 punti percentuali passando dal 26,30 % al 36,4%.

La mortalità per incidente stradale, altro importante indicatore di danno indirettamente causato dall’alcol, continua ad essere un grave problema nel nostro Paese, soprattutto per i più giovani ed in particolare nella classe di età 20-24 anni, dove nel 2009 è stato registrato il più alto numero di morti per incidente stradale in entrambi i sessi. L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che nel 2008 circa il 37% della mortalità maschile per incidente stradale è alcolcorrelata.

Un ulteriore carico di mortalità deriva dalle altre cause di morte totalmente e parzialmente alcolcorrelate, malattie dell’apparato digerente e del sistema circolatorio, tumori, incidenti di vario tipo, omicidi, suicidi. Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità nell’anno 2008 sono stati non meno di 17.661 i morti dovuti all’uso dannoso di alcol, di cui 11.254 maschi e 6.407 femmine, che rappresentano, rispettivamente, il 3,8% del totale della mortalità maschile e il 2,1% di quella femminile.

I comportamenti dei giovani richiedono una particolare attenzione e devono essere attentamente monitorati in quanto possono comportare conseguenze molto gravi sia sul piano sanitario, determinando anche condizioni patologiche estreme quali l’intossicazione acuta alcolica e l’alcoldipendenza, sia su quello psico-sociale, con assenze scolastiche, peggioramento delle prestazioni, aggressività, violenza, deterioramento delle relazioni sociali, influenze negative sullo sviluppo cognitivo ed emotivo. Per loro l’esposizione al rischio deriva soprattutto dal consumo fuori pasto e dal binge drinking, per i quali proprio tra i giovani di 18-24 anni di entrambi i sessi si rilevano le prevalenze più alte di tutta la popolazione. Il binge drinking si presenta in costante aumento a partire dal 2003 nella classe di età 11-25 anni, sia fra i maschi che tra le femmine.

Particolarmente preoccupante appare l’associazione rilevata dall’ISTAT tra il binge drinking e l’assidua frequentazione di locali da ballo, a sua volta associata ad un uso molto frequente di autoveicoli, che segnala l’esposizione dei giovani a gravi rischi di incidente stradale.
C’è inoltre una rilevante quota di giovani al di sotto dei 16 anni, 220.000 maschi e 170.000 femmine, per i quali è rigorosamente raccomandata la totale astensione dal bere, che contravvengono alle indicazioni di salute relative alla loro età e consumano bevande alcoliche esponendosi a un grave rischio di danni alcolcorrelati.

Altro problema relativo ai giovani è la diffusione di un consumo di alcol con finalità di sballo e ricerca dell’ubriachezza, che accomuna l’alcol ad altre sostanze psicoattive e può facilitare il passaggio all’uso di queste ultime. Gli atteggiamenti a rischio rilevati dallo studio ESPAD (il “non disapprovare” l’ubriacarsi, la non percezione del rischio di un consumo quotidiano eccedentario), che erano sembrati in calo nel 2009, riprendono a salire nel 2010, con un contestuale aumento delle ubriacature e del binge drinking. Varie fonti informative confermano la grande diffusione fra i giovani del policonsumo di sostanze psicoattive legali ed illegali e secondo la rilevazione annuale del Ministero della Salute nel 2009 circa l’8,6 % degli utenti dei servizi alcologici pubblici ha fatto uso anche di sostanze stupefacenti, percentuale importante anche se inferiore a quella rilevata nell’anno precedente (10%).

Fra gli alcoldipendenti in trattamento in tali servizi la percentuale degli utenti al di sotto dei 30 anni rappresenta nel 2009 l’11,1% del totale, con un valore in crescita rispetto a quello rilevato nel 2008 e che si avvicina ai valori più alti rilevati nel 2005. Inoltre nei servizi alcologici si conferma una stabile percentuale di giovani utenti di età inferiore ai 20 anni la cui entità oscilla nel tempo, a partire dal 1996, tra lo 0,5 % e lo 0,7% e che nel 2009 è stata pari allo 0,6%. Sebbene i nuovi utenti di tale fascia di età si presentino in costante anche se lieve diminuzione a partire dal 2006, il dato evidenzia comunque un problema da monitorare attentamente per poter predisporre le risposte più adeguate.

Da monitorare attentamente è anche l’evoluzione del bere femminile, che resta ancora un comportamento molto meno diffuso di quello maschile ma che già nella fascia di età al di sotto dei 16 anni presenta percentuali di consumi a rischio analoghe a quelle riscontrate tra i maschi; nell’ultimo quindicennio c’è stato un impressionante aumento del consumo fuori pasto tra le giovanissime bevitrici di 14-17 anni, passate dal 6% del 1995 al 14,6% del 2010. Contestualmente all’aumento dei consumi fuori pasto e del binge drinking, nell’ultimo decennio è aumentato significativamente tra le donne anche il consumo di bevande tradizionalmente maschili come la birra e gli aperitivi alcolici. Anche i ricoveri ospedalieri per patologie alcolcorrelate, pur continuando a riguardare prevalentemente la popolazione maschile, tuttavia nel tempo interessano quote crescenti di popolazione femminile in rapporto a quella maschile.

Nella popolazione anziana, dove trova prevalente diffusione il modello di consumo più tradizionale del nostro Paese, caratterizzato da consumo quotidiano di vino ai pasti, si riscontra frequentemente l’assunzione di quantità di alcol superiori a quelle adeguate all’età e alle condizioni di salute, soprattutto tra gli uomini. Nonostante le agenzie di sanità pubblica sconsiglino alle persone anziane un consumo superiore ad una sola unità alcolica giornaliera, è proprio tra loro che il consumo quotidiano non moderato durante i pasti è più diffuso rispetto alle altre classi di età. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità sono più di 3 milioni gli anziani di oltre 65 anni che praticano questo comportamento di consumo a rischio.

Tutti questi problemi richiedono interventi adeguati che il Ministero ha cercato di promuovere negli ultimi anni tramite specifici programmi, piani di azione e progetti. Si rendono necessari approcci di prevenzione diretti sia alla popolazione generale che alle diverse fasce di popolazione a rischio in relazione all’età, al genere e alle altre variabili sociodemografiche influenti. E’ necessario informare e sensibilizzare più capillarmente la popolazione adulta sui rischi derivanti dall’uso dannoso di alcol, tenendo conto che la propensione al consumo appare positivamente correlata a più alti livelli di scolarizzazione e che nei genitori essa si correla ad una analoga propensione nei figli più giovani.

I comportamenti di consumo dei giovani devono essere sottoposti ad attenta sorveglianza in quanto possono comportare conseguenze molto gravi sia sul piano sanitario che su quello psicologico e sociale. Appare necessario rafforzare tra i giovani la capacità di fronteggiare le pressioni sociali al bere in contesti significativi quali la scuola, i luoghi del divertimento, della socializzazione e dello sport; ma anche sensibilizzare i settori della distribuzione e vendita di bevande alcoliche sulla particolare responsabilità che il loro ruolo comporta in relazione ai giovani, tenendo conto che recenti indagini europee hanno rilevato che tra i giovani italiani la percezione della disponibilità di bevande alcoliche risulta essere fra le più alte in Europa.

E’ anche necessario programmare efficaci interventi di intercettazione precoce del consumo giovanile a rischio, accompagnandoli con appropriati interventi di sostegno e motivazione al cambiamento, secondo la strategia già sperimentata a livello internazionale ed europeo e recepita nel nuovo Piano Sanitario Nazionale.

Per quanto attiene alla popolazione femminile, sempre più coinvolta nei comportamenti di consumo, è necessario adottare e incrementare adeguati interventi di genere, in grado di contrastare le pressioni al bere specificamente dirette alle donne e la negativa omologazione attualmente in atto con il consumo maschile, soprattutto per le più giovani. Data la specificità del rischio femminile e la rilevanza dei comportamenti della donna per la salute e la protezione del feto è particolarmente importante promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce delle varie sindromi fetoalcoliche, FAS e FASD, come raccomandato dalla Risoluzione del Parlamento europeo sulla Strategia Comunitaria per la riduzione dei danni alcolcorrelati.

Nella popolazione anziana è necessario proseguire il monitoraggio dei consumi e dei modelli di consumo, per valutarne la corrispondenza ai parametri di moderazione consigliati in relazione all’età e alle patologie più frequenti dell’età anziana, ed effettuare interventi di sensibilizzazione e informazione in grado di far percepire, superando le difficoltà culturali, i rischi correlati a un comportamento di consumo ancora fortemente radicato nella cultura del nostro Paese e che gode di un largo consenso sociale.

Nello spirito della legge 125/2001 le politiche del nostro Paese si sono in questi anni inserite pienamente nel quadro strategico definito dall’Unione Europea e in particolare dalla Strategia Comunitaria per la riduzione dei danni alcolcorrelati, approvata con le Conclusioni del Consiglio dell’U.E. nel novembre 2006 e giunta al suo ultimo anno di implementazione.

Un contributo particolarmente efficace per l’attuazione della legge 125/2001 nel rispetto degli orientamenti dell’Unione Europea è venuto dal Piano Nazionale Alcol e Salute, condiviso con le Regioni e finalizzato a promuovere azioni di ampio respiro per la prevenzione dei problemi alcolcorrelati in tutti i territori regionali. Fra le attività realizzate nel 2010 e 2011 nell’ambito del Piano di particolare rilevanza sono stati i corsi di formazione finalizzati all’identificazione precoce e intervento breve sui bevitori a rischio nei contesti lavorativi e nell’assistenza sanitaria di base, realizzati in 13 Regioni italiane sulla base di un modello sperimentato nel progetto PHEPA promosso dall’Unione Europea e introdotto in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità.

A livello delle politiche internazionali l’attuazione della legge 125/2001 avrà nei prossimi anni un importante supporto nel nuovo Piano di Azione Europeo per l’Alcol 2012-2020, adottato nell’ambito della 61° sessione del Comitato regionale europeo dell’OMS a Baku il 15 settembre 2011, alla cui approvazione l’Italia ha partecipato con una sua delegazione ed una specifica proposta finalizzata alla valorizzazione ai fini preventivi delle attività di educazione e informazione.
A livello nazionale la legge 125/2001 e la Strategia Comunitaria sono stati importante punto di riferimento per la predisposizione del Piano Sanitario Nazionale per gli anni 2011-13, che ha individuato importanti obiettivi da perseguire nel triennio anche in considerazione della cultura istituzionale e dell’esperienza maturata in questi anni nelle Regioni per il contrasto dei problemi alcolcorrelati.

Ribadendo la necessità di continuare a operare a livello culturale per modificare correttamente la percezione del bere quale comportamento a rischio, il Piano Sanitario Nazionale ha individuato alcuni importanti target e aree di azione quali gli anziani, i giovani, le donne, la gravidanza, la guida, le attività lavorative, la condizione di dipendenza, l’identificazione precoce e l’intervento breve per i soggetti a rischio.

Un altro strumento con cui il Ministero ha recentemente rafforzato gli interventi di prevenzione, secondo gli orientamenti indicati nella legge 125/2001, è il Piano Nazionale di Prevenzione 2010-2012, predisposto e approvato d’intesa con le Regioni, in cui la prevenzione dei danni alcolcorrelati viene individuata quale area specifica della prevenzione universale, nell’ambito della prevenzione di abitudini, comportamenti e stili di vita non salutari.

In base al Piano nazionale le Regioni hanno a loro volta predisposto i Piani di Prevenzione regionali, dove sono stati inseriti, fra gli altri, specifici progetti sul tema alcol, relativi in particolare ai problemi riscontrabili nei contesti del divertimento giovanile, della guida e del lavoro, che saranno attuati nell’arco di un triennio.


 

 

Le Regioni proseguono il loro impegno nei compiti loro assegnati dalla legge 125/2001 per la programmazione di interventi di prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti con problemi alcolcorrelati, per l’individuazione e organizzazione dei servizi, per la formazione e aggiornamento del personale addetto. A tali fini si è consolidato il coordinamento interregionale tramite la specifica Sottocommissione tecnica per l’alcologia costituita nell’ambito della Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni. Complessivamente le Regioni sembrano aver curato con particolare impegno la programmazione delle attività di prevenzione, adottando sempre più frequentemente un modello di approccio intersettoriale e interdisciplinare, secondo gli orientamenti dei Piani e Programmi nazionali e della stessa legge 125/2001, promuovendo l’integrazione delle risorse e la collaborazione tra interlocutori di vari ambiti istituzionali e sociali e favorendo i contatti dei servizi sociosanitari con la Scuola, le Forze dell’Ordine, i servizi sociali, le associazioni di auto-mutuo aiuto, il mondo del lavoro, il mondo del divertimento giovanile.

I servizi alcologici territoriali continuano ad assicurare importanti attività di accoglienza, prevenzione, diagnosi e attuazione di programmi terapeutico-riabilitativi, rilevazione epidemiologica e formazione, a favore di un’utenza in costante aumento; dal 1996 il loro numero è pressoché raddoppiato, con un contestuale, progressivo calo dei
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ricoveri ospedalieri per sindrome di dipendenza da alcol, e il loro ruolo continua ad essere essenziale nonostante le difficoltà derivanti da una ancora troppo bassa percentuale di addetti esclusivi, sopratutto tra i medici e gli psicologi, peraltro in aumento negli ultimi due anni. Secondo le previsioni della legge 125/2001 i servizi alcologici collaborano molto frequentemente con i gruppi di auto-mutuo aiuto e in particolare con i Clubs di alcolisti in trattamento e i gruppi di Alcolisti Anonimi, con finalità soprattutto riabilitative ma anche di prevenzione nella popolazione generale e nei gruppi a rischio.

Anche se i dati epidemiologici indicano la presenza di una certa esposizione della popolazione al rischio di danni alcolcorrelati, tuttavia le politiche di contrasto attivate a livello nazionale e regionale trovano qualche riscontro positivo, che segnala l’importanza di continuare ad operare secondo le indicazioni della legge 125/2001.

In particolare possiamo rilevare che nel 2010 la quota di consumatori di bevande alcoliche si presenta in diminuzione, interrompendo la relativa stabilità dei valori registrati i negli ultimi 10 anni. Questa tendenza si presenta anche tra i giovani maschi di 11-25 anni e tra le donne anziane di oltre 65 anni. Inoltre benché nel decennio sia evidente la forte crescita del consumo fuori pasto, tuttavia negli ultimi anni c’è una certa tendenza alla stabilità dei valori in entrambi i sessi e tra le donne si registra un calo tra il 2009 e il 2010; fenomeno analogo è rilevabile anche tra i giovanissimi di 14-17 di entrambi i sessi. Tra il 2009 e il 2010 nella fascia di età compresa fra gli 11 e i 25 anni i consumatori fuori pasto risultano in calo.
In generale l’andamento del complesso di tutti i consumi a rischio risulta stabile dal 2007 in entrambi i sessi e tra il 2009 e il 2010 risulta in calo fra i ragazzi al di sotto dell’età legale.

L’analisi delle stime di mortalità evidenzia un decremento del numero delle morti alcolcorrelate, rilevabile anche nei dati più recenti, relativi al 2007 e 2008; continua in particolare il trend discendente della mortalità per cirrosi epatica e dei ricoveri ospedalieri per diagnosi totalmente alcol attribuibili; anche la percentuale di incidenti stradali del venerdì e sabato notte sul totale degli incidenti notturni, per cui si stima un’elevata correlazione con l’abuso di alcol e altre sostanze d’abuso, nel 2009 si presenta in calo, con una contestuale diminuzione di morti e feriti, confermando il positivo andamento in atto da qualche anno; appare in lieve calo a partire dal 2006 anche la percentuale dei nuovi utenti al di sotto dei 20 anni in trattamento nei servizi alcologici.

E’ necessario continuare a lavorare per consolidare i dati positivi e contenere i problemi più rilevanti, rafforzando in particolare gli interventi di prevenzione e realizzando un attento monitoraggio che guidi verso l’adozione delle politiche più adeguate.
Negli ultimi anni, grazie alla sempre più diffusa sensibilizzazione sulla gravità dei danni alcolcorrelati, le istituzioni sanitarie sono state spesso affiancate nel loro compito di prevenzione dall’impegno di altre istituzioni quali la Scuola e le Forze dell’ordine, soprattutto a livello locale; recentemente l’approvazione del nuovo Codice della strada ha consolidato e rafforzato il quadro normativo introdotto con la legge 125/2001, con misure quali l’introduzione del tasso alcolemico legale pari a zero per i giovani al di sotto dei 21 anni e i neopatentati, l’obbligo dell’esposizione delle tabelle informative del
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Ministero della Salute e della disponibilità di apparecchi per la rilevazione del tasso alcolemico in tutti i locali dove è possibile bere dopo le ore 24, l’estensione dei divieti di somministrazione e vendita già vigenti nelle autostrade.
Si sono incrementati i controlli delle Forze dell’ordine sul tasso alcolemico alla guida, anche se permangono differenze significative fra le diverse Regioni e resta ampio il margine di miglioramento nelle pratiche di prevenzione e contrasto.
Anche nel mondo della produzione e distribuzione delle bevande alcoliche si estende la sensibilità alle esigenze della prevenzione e i protocolli di intesa previsti dal programma Guadagnare Salute hanno favorito l’attuazione di alcuni interessanti interventi di prevenzione.

A dieci anni dalla sua approvazione la legge 125/2001 continua a rivelarsi un valido strumento di stimolo e sensibilizzazione dei responsabili delle politiche a livello nazionale, regionale e locale, dando un importante contributo alla prevenzione e al contrasto dei danni alcolcorrelati in tutti gli ambiti della società interessati.